Ristoranti, negozi di abbigliamento e anche attività come quella di Anna Nedalini, antiquaria del centro in piazza Santa Maria al flash mob di Busto Arsizio sabato 16 gennaio: «Noi non siamo necessari, ma neanche creiamo assembramenti. Eppure siamo stati costretti a chiudere. Come noi, gioiellerie, negozi di scarpe, abbigliamento... perché chiudere?». (GUARDA IL VIDEO).
Assistente speciale
Lei ha portato un'"assistente speciale", la Madonna dell'Aiuto: «Un oggetto di antiquariato - spiega Anna ma anche importante per chi ha fede. Visto che siamo in questa piazza, che è casa sua, l'ho portata con me». E ancora racconta: «Ha fermato la peste a Busto, ora ci salvi dalla pandemia e dalla situazione che si crea».
Tanti negozianti erano presenti in silenzio (LEGGI QUI LA PROTESTA E LE TENSIONI), stringevano tra le mani il foglio con il nome del loro locale. C'erano manichini, posti tavola, qualche striscione. I volti stanchi, soprattutto di non lavorare e di dover affrontare problemi sempre più giganteschi, con la zona rossa ormai incombente a precipitare di nuovo la situazione.
Chi non riaprirà
C'è paura che quando rientrerà l'emergenza, troppi negozi non ci saranno più? «Il rischio c'è - osserva Rudy Collini (Ascom Busto) - C'è difficoltà a pagare gli affitti, i fornitori. Le risorse vengono investite per cercare di sopravvivere. Quando queste finiranno, speriamo di no, ma per molti potrebbe non esserci più un'altra possibilità». GUARDA IL VIDEO
Ribadisce Matteo Sabba, presidente del Duc: «I ristori non possono bastare, ma quel poco deve arrivare, ci devono lasciare lavorare. Così viviamo, paghiamo i fornitori. Da domani cosa fare? Non sappiamo più cosa fare, lo sconforto è diffuso. Chi è a Roma capisca che la corda è tesissima. Io ho chiuso il bar per un mese, riapro due giorni e mi richiudete?». GUARDA IL VIDEO