Ieri... oggi, è già domani | 09 luglio 2021, 06:00

"sberlòi àa buca" - sberle in bocca

Non fatevi travisare dal titolo. Nessuna violenza. Nessun tentativo di mollare cazzotti a qualcuno. E meno che meno in bocca.

"sberlòi àa buca" - sberle in bocca

Non fatevi travisare dal titolo. Nessuna violenza. Nessun tentativo di mollare cazzotti a qualcuno. E meno che meno in bocca. L'espressione (tanto cara a Giusepèn) significa che per un periodo della vita di allora, "daghi sberlòi àa buca" significava essere nelle ristrettezze, superare fatiche immani ed essere costretti a compiere sacrifici.

Per carità (dico a Giusepèn) non è che si navigava nell'oro, ma la fame l'ho mai patita. Oddio, a volte mi lamentavo con mamma per la "solita" minestra, immancabile di sera.... riso o pasta, con le verdure a portata di mano. E mamma rispondeva (quasi sempre) "ringrazia'l Signui ca podàm eghi a minestra tuci i dì ....in certi cò, gàn nanca chela" (ringrazia il Signore che possiamo avere la minestra tutti i giorni ... in certe case, non hanno nemmeno quella).

Lo so, mamma aveva ragione, ma avere sempre nel desco la minestra era quasi un sinonimo di povertà .....mai una variante o almeno una cena ....senza minestra. Giusepèn annuisce e sa bene qual era la situazione economica di allora. Il Paese era allo sbando per via della guerra. Le case erano diroccate e quasi distrutte. Il lavoro latitava e, i più fortunati erano coloro che "gheàn'n ciapèn da tera" (avevano un pezzetto di terra) ovviamente da coltivare, magari solo con l'orto.

"mèn si u pruò a calastria" dice Giusepèn "io si che ho provato la miseria" e lo dice senza alcuna remora. L'Italia, all'epoca, non figurava fra le prime sei Nazioni industriali. Era un'entità agricola e le industrie erano al di là dal venire. Però, quell'Italia (lo dice Giusepèn con gli occhi lucidi) "cunt'i sacrifizi e i ....sberlòi àa buca" ha saputo emergere.

Non serve la traduzione, tuttavia, "con i sacrifici e ...le rinunce" il Paese s'è sempre difeso. Non tutti sanno e non tutti amano parlare di quei momenti; specialmente chi, "al temp da guera l'ea naca nassu" (al tempo di guerra non era nato) e tantomeno chi "ghe nassu subitu dopu al vuèa capì" (è nato subito dopo, voleva capire). Il messaggio m'è arrivato (dico a Giusepèn). Lui sa che sono del '46 e che, comprendere sulla propria pelle quei momenti, non è facile per nessuno.

Le "sberle alla bocca" significarono (e significano tuttora) ....compiere sacrifici, lasciare perdere il superfluo, imparare a risparmiare, provare a vivere dentro la dignità, senza mai lasciarsi andare o magari soccombere. Ricordo una sera, quando mamma disse a papà "ghè pu da carni" e il babbo, senza scomporsi, pensando che nel pollaio non erano "maturi" polli da immolare alla tavola, rispose "pulenta, cun dentàr i salamiti" (polenta, con dentro i salamini). Fare debiti per il desco pieno, nemmeno a parlarne. L'orto offriva varie opportunità per il contorno e l'aia sapeva ben calibrare ciò che occorreva, per non patire la fame.

So che il prosciutto, l'ho scoperto in un Natale e pensavo che, al di là del pollo o di un coniglio, non c'era altro animale che potesse essere cucinato. Mi ha fatto specie quando ho scoperto che lo zio Giannino mangiava i "salamiti da cavàl" (salamini di cavallo) e quasi ho provato dispiacere, per il fatto che il cavallo, con il cane, rientravano fra gli animali da me preferiti. Siccome il primo finiva ....insaccato, non è che ....anche il cane subiva la stessa sorte? Mamma mi rassicurò. E provai sollievo. Per ritornare alla ...minestra, aggiungo che sino a una certa età, non proprio puberale, scambiavo la minestra di mamma, con la minestra di zia Giuseppina (la Zappi, come la chiamavo io) e prontamente, ogni sera, prendevo tra le mani il mio piatto per scambiarlo con il piatto di Zappi. Fu così che nacque un ... discorso che mi piacque subito. Zappi disse che io, per lei ero il suo terzo figlio e fu mamma a spiegarmi che ....siccome Zappi era la mia balia, per il fatto che mamma era operaia "sui telài" (tessitura), la zia soccombeva e mi accudiva. Ho voluto bene a questa donna....quasi come alla Pierina. E, per "spostarci" avanti negli anni (facciamo nel 1996) quando mamma "l'à serò su i oegi" (ha chiuso gli occhi....è deceduta), avevo la Zappi con me e....ho dovuto consolarla, tanto era "disperata", mentre lei tentava di ....consolarmi. Pochi mesi dopo, Zappi ha voluto ...raggiungere la mia Pierina. So cosa vuole dire ....perdere due mamme, in poco tempo, ma averle entrambe nel cuore, teneramente. Giusepèn "l'è ua dul Nocino" (è ora del Nocino) e lui mi abbraccia.

Gianluigi Marcora

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