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Scuola | 05 novembre 2021, 11:40

L'INTERVISTA. Amanda Ferrario: «Addio ai voti, perché i ragazzi sappiano avere una marcia in più. Come Busto»

La dirigente dell'Ite Tosi parla della ripresa a pieno regime con il nuovo percorso di valutazione. La grande sfida: «La scuola come trasmissione di sapere non serve più». Le tribolazioni quotidiane, dai bagni rotti ai riscaldamenti. La grande festa dei 70 anni il 18 dicembre. E sulla politica attiva dopo la rinuncia a candidato sindaco: «Un arrivederci». IL VIDEO

L'INTERVISTA. Amanda Ferrario: «Addio ai voti, perché i ragazzi sappiano avere una marcia in più. Come Busto»

All’Ite “Tosi” c’è una grande sfida in corso: addio ai voti, un nuovo modo di valutare i ragazzi e aiutarli a sviluppare le loro competenze, immergendosi nella vita. Certo, convive con le sfide quotidiane che neanche si possono definire piccole: come i bagni da sistemare e il riscaldamento in palestra non proprio “atletico” come rilevato ieri. Amanda Ferrario, dirigente dell’istituto di Busto Arsizio, ci parla di questo anno ripreso con entusiasmo. Di ciò che stanno costruendo ragazzi, professori, famiglie.  E parliamo anche di politica, dove non ha detto addio, ma arrivederci.

Come avete organizzato quest'anno di ripresa dopo la pandemia?

Abbiamo fatto una grande riflessione sul rientro in presenza, la scuola non si è mai fermata, ma quello vero è avvenuto a settembre. A pieno regime. Anche le riunioni degli organi collegiali si fanno in presenza. Solo con i genitori non ci sono udienze fisiche, perché con 2.500 studenti sarebbe problematico.

E qual è il cuore della riflessione che state dunque facendo?

La scuola come trasmissione di sapere non serve più. I nostri ragazzi hanno in tasca il mondo, una fonte di formazione continua sul cellulare, ovunque, anche molto pericolosa.  Oggi la scuola è un facilitatore per cui è cambiato il modo di fare lezione e l’utilizzo che facciamo dell’informazione. Abbiamo deciso che importante nel contesto attuale è saper selezionare una fonte e farlo con intelligenza. Analizzare tutto ciò che arriva da fuori, saper sostenere o confutare una tesi, lavorare in gruppo, parlare in pubblico, risolvere problemi. Quello che faremo fra 5 anni non possiamo prevederlo adesso, sarà talmente cambiato anche il lavoro.  Quindi i ragazzi dovranno padroneggiare lingue straniere per comunicare in tutti i contesti e sapersi inserire in maniera consapevole in un mercato che chiederà loro perché sono diversi. Qual è la loro marcia in più.

La conseguenza sulla vostra organizzazione?

La sfida è non valutare più con voto analitico, numerico, tranne quello di fine anno che è obbligo normativo, ma lavorare per competenze. Diamo una griglia di competenze per ogni ambito disciplinare, ma non ci interessa un voto nella singola prova. Piuttosto, da settembre a giugno in un percorso di crescita senza divisione di quadrimestri devono raggiungere e consolidare competenze, cosicché le sappiano applicare. La scuola non è una gara, ma un modo di mettere insieme talenti e svilupparli.  Dobbiamo farlo capire agli studenti e ai genitori. È la sfida dei prossimi cinque, dieci anni. Tutto sarà valutato, anche il debate, il progetto di teatro, l’esperienza di volontariato.

Studiare inglese e far volontariato peseranno in modo simile?

Esatto,  sono un percorso di crescita umana di una persona. Io non sono la prova in quel momento, ma una persona che fa un percorso. Tutto ciò che viene fatto, concorre alla promozione del proprio talento. Faremo percorsi orientativi, i laboratori di futuro. L’altra grande sfida è la comunicazione ed è un valore se individua il nocciolo della questione. La pandemia è stata anche una presa di coscienza su ciò che non funzionava nella scuola italiana e la stiamo cambiando. Quindi scuola aperta... sì ci sono i turni, ma si può entrare dalla mattina alla sera. Possono arrivare prima o fermarsi, gli studenti. E abbiamo aperto un centro di competenza di innovazione e sviluppo. Anche recuperando il senso di appartenenza. 

Avete in programma anche un evento in questa direzione?

Il 18 dicembre nel pomeriggio celebreremo i 70 anni della scuola. Un evento gratuito con iscrizione e al massimo per 2mila persone, perché lo faremo all’aperto ma siamo comunque in pandemia. Lo chiameremo la galleria del tempo digitale, perché la scuola diventerà un grande espositore di immagini  dagli anni 50 a oggi. Una sorta di Natale digitale, con installazioni nel parco, coro gospel, panettone, vin brulé. Premieremo anche ex studenti e docenti che si sono distinti in determinati ambiti. "Noi del Tosi" ci darà una mano: abbiamo chiesto di raccogliere le foto…  Così ci sentiamo parte di una famiglia: un luogo dove si può essere se stessi.

Torniamo ai (non) voti e a queste novità: la reazione dei genitori?

Abbiamo fatto una riunione online e ci hanno stupito in senso positivo. È un cambio culturale e la maggior parte ha capito perfettamente lo spirito. Sarà un percorso che dobbiamo fare insieme e come in tutte le cose sbaglieremo. Ma non è un esperimento, eh: è un percorso consapevole, con formazione per i docenti. In una scuola ciò che conta è il capitale umano: docenti, studenti, famiglie.

Questo sforzo sembra in linea con quanto chiedono oggi le aziende, le cosiddette soft skills o competenze morbide?

Qua abbiamo 600 aziende come partner e ci danno un grande impulso. L’altro grande progetto è un bilancio sociale, anche se è un nome un po’ inflazionato: molto particolare, lo stiamo facendo con la Liuc. Sta lavorando a questo una quinta, analizzando tutti i nostri stakeholder,  i punti di forza e le debolezze. Questo con un punto di vista esterno, perché se lo facciamo in casa abbiamo una distorsione: a volte in negativo.

A proposito di scuola che cambia. Lei ha già “bocciato” sui social l’esame di Stato come è concepito oggi.

Sì, i tempi sono assolutamente maturi per una revisione. È un rito di passaggio, dal valore simbolico: com’era una volta la consegna delle chiavi di casa. È anacronistico e inutile rifare la stessa prova strutturata svolta per tutti gli anni. La vecchia tesina può andare in soffitta. Abbiamo davanti un adulto: valutiamo il percorso di crescita in maniera più stimolante.

Intanto ci sono le pene quotidiane: l’abbiamo vista battagliare con gli operai per i problemi della struttura.

Sì, se non ci facciamo carico come società della scuola, non andiamo da nessuna parte. Vogliamo stare in un luogo bello e pulito, sano. Non si può prescindere dal valore della bellezza. Non possiamo pensare di avere bagni consegnati e già rotti o lottare un giorno sì e un no con i riscaldamenti perché ci sono tubazioni di 50 anni. La scuola non può sempre aspettare, ci sono ragazzi che entrano alle 8 ed escono alle 18.  Noi abbiamo anche investito in aule che non sono più quelle classiche con la lavagna, ma monitor interattivi, isole di lavoro…  Gli enti locali devono essere più presenti.  

Altrimenti è un messaggio antieducativo?

Assolutamente. Se passa il messaggio che tanto in Italia funziona così, fra 5 anni succederà uguale. No, tutti concorriamo al bene pubblico. Anche sulla raccolta differenziata, sa, i ragazzi stanno facendo la loro parte. Qui si formano i cittadini, molti di loro votano o voteranno presto.

Professoressa, questo ci porta dritto alla questione politica… Qui formate i cittadini di domani: l’ha colpita il calo di votanti a Busto?

Sì, fa riflettere molto. Un segnale molto negativo, tra le persone tra i 30 e i 50 anni, che è un po’ la fetta di popolazione che subisce passivamente ciò che viene calato dall’alto. Per troppo tempo abbiamo demandato, perché possiamo cambiare partendo dalle nostre abitudini e dal basso. Dobbiamo imparare a chiedere conto di ciò che viene deciso. Non è questione di partito, né di persona. Io insegno a scuola, ai ragazzi: chiedetemi conto.

Lei sta per diventare candidata sindaco, poi ha fatto una scelta diversa per ragioni personali. È un addio alla politica attiva, per così dire, o un arrivederci?

Io ho avuto una serie di problemi personali che non mi avrebbero permesso di portare avanti, in scienza e coscienza, un lavoro serio. Sicuramente, tutti i giorni qui cerco di fare del mio meglio e amministrare, anche qui. Dopo di che è un arrivederci…  starò a guardare quello che succede. L’auspicio è che si possa collaborare a prescindere. Che chi governa o sta all’opposizione, possa scegliere di fare di Busto una città con una marcia in più.

Come i ragazzi?

Le racconto ciò che mi è capitato qualche giorno fa. Stavano entrando dei ragazzi del serale e si sono fermati con delle studentesse giovanissime, lamentandosi del Green Pass. Una limitazione scandalosa, dicevano. Una ragazzina ha risposto: secondo me le barriere architettoniche sono una limitazione ben peggiore… I giovani meritano più considerazione.   

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Marilena Lualdi

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