«“A Giöbia! A Giöbia!”, andavamo un tempo schiamazzando, soprattutto i ragazzi, per le vie di Busto, accompagnando gli strilli col il suono della percussione di coperchi e di latte».
Leggendo stralci di vecchi articoli, Antonio Tosi – per tutti a Busto Ul Pedèla, nonché colui che a Carnevale veste i panni del Tarlisu, la maschera della città – ripercorre quello che la festa che ricorre oggi rappresentava un tempo ormai lontano.
I vecchi e semplici manufatti «oggi non esistono quasi più – osserva –. Con l’andare del tempo hanno lasciato spazio a fantocci ispirati a temi di più pressante attualità. Ma questo significa che la tradizione è viva e si adatta ai tempi, restando sempre nuova».
E resta viva anche la tradizione di consumare in questa giornata “risotu e lugàniga” e, soprattutto, di osservare con attenzione (questa volta in streaming) le fiamme: «Per portare bene e avere un anno fortunato in tutti i campi – speriamo proprio che faccia terminare questa nuova peste – il fantoccio deve cadere in avanti e le faville del rogo devono saliere altissime verso il cielo».
Il video con l’intervento del Pedèla si conclude con una poesia di Luigi Caldiroli dedicata a questa giornata.