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Legnano | 23 marzo 2022, 11:30

I figli della pandemia, «cari genitori regolatevi così». I consigli di Alberto Pellai

Gli imprenditori e i dirigenti della sezione locale dell'Ucid hanno affidato il delicato tema al noto psicoterapeuta che ha offerto un quadro a 360° e validi consigli ai genitori: «Meglio la corsa in bicicletta del virtuale. I nostri ragazzi hanno perso tanto ma sono lì pronti a ripartire»

I figli della pandemia, «cari genitori regolatevi così». I consigli di Alberto Pellai

Isolamento, tristezza, infelicità, forte tendenza alla depressione, e per i più piccoli un’importante riduzione delle competenze linguistiche. Sono solo alcuni dei danni provocati dalla pandemia, in particolare dalla reclusione di bambini, ragazzi e giovani che durante il Covid inevitabilmente si sono ritrovati segregati per mesi. E il distacco con la realtà in presenza non ha fatto altro che creare disastri a livello psicologico.

Di questo si è parlato ieri sera al Palace hotel di Legnano con l’Ucid. Gli imprenditori e i dirigenti della sezione locale hanno affidato il delicato tema a uno che di psicologia dei ragazzi la sa davvero lunga, Alberto Pellai. Il noto psicoterapeuta, professore, nonché scrittore e ricercatore ha saputo catturare l’attenzione del pubblico che non si è lasciato sfuggire nemmeno una parola dell’analisi puntuale del professore. «I ragazzi si sono chiusi in un mondo virtuale pericolosissimo, con un forte potere di dipendenze, una sorta di paese dei balocchi, rischiosissimo che ha fatto smarrire il coinvolgimento nella vita reale, perdere ai ragazzi quelle priorità necessarie per diventare grandi – ha esordito – Questo deve essere un tempo di riabilitazione dove i genitori devono far capire ai figli gli step fondamentali per la loro crescita».

Da qui ha sciorinato i danni a partire dai bimbi di 3-6 anni, che hanno manifestato una riduzione nell’apprendimento delle competenze linguistiche. «Hanno vissuto una vita sociale con le mascherine e i bambini imparano molto attraverso il movimento delle labbra – ha lamentato – Hanno visto troppi schermi, tanti stimoli verbali, ma in un contesto assolutamente impersonale dove gli stimoli cadono nel vuoto. La dimensione della relazione è la base da fornire ai ragazzi».

Poi la Dad, quella stramaledetta didattica a distanza, che ha incollato gli alunni davanti a uno schermo, insomma «un modo per sopravvivere che ha penalizzato i ragazzi riducendo dal 20 al 35 per cento il livello di apprendimento di alcune discipline. I ragazzi hanno dunque disabituato la mente alle funzioni cognitive, alla concentrazione, all’attenzione, alla focalizzazione e alla perdita dell’essenza delle informazioni. Dunque è fondamentale recuperare la didattica in presenza, dove i ragazzi assaporano l’unicità e la lentezza degli stimoli, funzionale all’apprendimento, riabituarsi a un livello di stimolazione minore e favorire la concentrazione, attenzione e focalizzazione».

Da non sottovalutare la perdita della motivazione, la tolleranza all’impegno e allo studio. «Stare chiusi in una stanza ha fatto toccare con mano ai nostri ragazzi quella che è la noia – ha constatato – Ma ancora più devastante, il togliere la dimensione del corpo: non c’è nulla che faccia più male: il corpo è il grande stabilizzatore emotivo. In compenso qualcuno ha evidenziato che la posizione dell’adolescente sdraiato sul letto ha favorito la riflessione sulle domande importanti: chi sono, dove vado, chi è Dio…»

Dunque che cosa fare a questo punto? Alberto Pellai ha offerto validi consigli ai genitori. «Cercare esperienze di aggregazione e attivazione corporea, ributtare i figli nel mondo rinunciando all’ansia iperprotettiva con cui abbiamo facilitato la vita dei nostri figli, riabilitare le competenze di vita. Facciamo loro correre i rischi: meglio la corsa in bicicletta che la corsa nell’on-line. Non far mancare esperienze sane, dare una spinta ai nostri ragazzi, che hanno perso tanto, ma sono lì pronti a ripartire. I nostri ragazzi sono stati talmente repressi che ora non riescono più a controllare le emozioni, che esplodono. Il Covid ha reso più fragile chi era già più vulnerabile».

Non potevano mancare riferimenti alla guerra che oggi sta devastando l’Ucraina. Così, su suggerimento di una domanda, lo psicoterapeuta ha fornito ulteriori indicazioni sacrosante per il rapporto con i ragazzi: «Tutta questa situazione genera ansia, angoscia a raffica e traumatizzazione diretta per chi è in Ucraina e indiretta per chi non è lì, ma percepisce comunque la sofferenza di chi è lì. La mente si adatta a quell’evento ed entra in stress cronico. Dunque occorre rimanere consapevolmente informati, ma costruirsi la propria quotidianità. I bambini ne risentono, non geolocalizzano e si angosciano. Occorre far capire ai bambini che i piccoli coetanei ucraini vengono da noi, al sicuro e agli adolescenti è importante far capire che occorre fare del nostro meglio per vivere la vita. Facciamo in modo che i nostri ragazzi vivano pienamente la vita. Facciamo ascoltare loro le testimonianze dei costruttori di pace».

Il prossimo appuntamento Ucid, il 27 aprile; ospite, don Severino Pagani. A ricordarlo il presidente Gabriele Fontana.

Laura Vignati

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