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Ciclismo | 06 maggio 2022, 09:32

Eolo-Kometa: un’isola varesina al Giro d’Italia. «Faremo in modo che si parli tanto di noi. E della nostra provincia»

Parte oggi dall’Ungheria l’edizione numero 105 della corsa rosa. Francesco Caielli, responsabile della comunicazione del team fondato da Basso, ci racconta emozioni e sogni del team con base nel Varesotto: «La vittoria sullo Zoncolan ci ha cambiato la vita. Ivan può diventare uno dei migliori anche in questo ruolo. Favoriti? Carapaz, poi dico João Almeida. Mancano i grandi nomi? La gente chiede attacchi e spettacolo»

Eolo-Kometa: un’isola varesina al Giro d’Italia. «Faremo in modo che si parli tanto di noi. E della nostra provincia»

Si parte! Prende il via uno degli eventi più popolari e amati come l'edizione numero 105 del Giro d’Italia: si pedala da Budapest (sì, da Budapest) a Verona, da oggi al 29 maggio, ventuno giorni di corsa e 3.437 chilometri per assegnare la maglia rosa.

Ai nastri di partenza, per il secondo anno consecutivo, ci sarà anche il team Eolo-Kometa, formazione di matrice varesina fondata dall’enfant du pays Ivan Basso e da Alberto Contador. Squadra di categoria Professional, ha quindi ottenuto, grazie agli ottimi risultati conseguiti, l’invito alla corsa rosa anche quest’anno.

Come arriva la Eolo-Kometa ai nastri di partenza del Giro d’Italia? Ne abbiamo parlato con un altro super varesino: Francesco Caielli, responsabile della comunicazione della squadra dall’anno scorso.

Si parte, ormai è tutto pronto. Com’è il clima all’interno della squadra?
L’umore ovviamente è alto. I corridori che di giri ne hanno già corsi tanti sono tranquilli; chi, come Fortunato e Albanese, si deve confermare ha un po’ di tensione, perché confermarsi è sempre più difficile; c’è chi affronta tutto come un sogno, come Bais, che magari si aspettava meno la convocazione; e poi c’è chi vive i giorni più belli della propria vita, come Fetter, ragazzo ungherese al via del Giro che parte da Budapest, casa sua.

Portate una squadra composta da alcuni corridori molto giovani e da altri più esperti.
Il nostro capitano è Francesco Gavazzi, che è al sedicesimo anno da professionista: la cosa bella è che lui aveva deciso di smettere, ma per l’entusiasmo che c’era in squadra ha deciso di fare un’altra stagione. Ora è molto calato in questo ruolo di chioccia, lo interpreta molto bene e i compagni lo seguono e lo rispettano: è veramente un ds aggiunto e una figura molto importante. C’è poi l’altro veterano, Diego Rosa, un corridore molto forte, che ha vinto corse importanti, e che ha passato qualche anno a lavorare per gli altri e adesso si sente bene in questo ruolo nuovo ed è ben calato in questa realtà.

Qual è l’obiettivo della Eolo-Kometa in questo Giro d’Italia?
Quello di fare in modo che alla fine si sia parlato tanto e bene di noi, e di migliorare quanto fatto l’anno scorso. Non sarà facile visto il Giro clamoroso che abbiamo fatto: sempre all’attacco, abbiamo rischiato di vincere alcune tappe con Gavazzi, abbiamo tenuto tre giorni la maglia azzurra, e poi c'è, ovviamente, la tappa dello Zoncolan. Migliorar l’ultimo Giro significa vincere almeno una tappa e magari tenere d’occhio la classifica generale con Fortunato.

Avete puntato qualche tappa in particolare?
Ogni tappa per noi è buona per essere vinta, così come l’anno scorso. Non siamo mai andati in fuga per mostrarci o per le telecamere. Corriamo per vincere sempre: non sempre si riesce, ma è così.

Ricordiamo tutti la vittoria di Fortunato sullo Zoncolan l’anno scorso. Se ne parla ancora nel team?
Salta sempre fuori. È stato qualcosa di incredibile, è stato qualcosa di talmente grande che resterà lì per sempre, qualsiasi cosa succeda, piangevamo tutti. Se ne parla ancora, ha cambiato la vita sua e di tutti noi.

Chi sarà il corridore rivelazione della vostra squadra?
Dico Erik Fetter. È un ragazzo particolare, poco espansivo, unico ungherese in una squadra di italiani, ma è uno che può fare un numero inaspettato. Poi dico Fortunato: è migliorato tanto, anche a cronometro. Potrebbe entrare nei primi dieci della classifica generale, perché no.

Grazie a voi, la nostra provincia è rappresentata al Giro d’Italia.
La nostra è una squadra a forte matrice varesina. Ivan Basso è sempre presente, la sua figura è sempre importante: può diventare uno dei più bravi in assoluto in questo ruolo, esattamente come quando correva, ha tutte le carte in regola per farlo. Portare una fetta di Varese al Giro è motivo di grande orgoglio.

Chi sono i favoriti per la vittoria finale?
Carapaz, ha la squadra più forte. E poi dico João Almeida.

Quale sarà la tappa in cui si deciderà la corsa?
Sicuramente la penultima, e più in generale gli ultimi quattro giorni. Ma attenzione anche a quelle dell’Etna e del Blockhaus.

Si sente parlare di assenza di grandi nomi al Giro d’Italia: è d’accordo che il livello della gara non è quello sperato?
Secondo me no, il livello è comunque alto. Dipende da quello che si vuole: la gente vuole più lo spettacolo che i nomi, vuole un bel Giro, che magari si decide sull’ultima salita. Per queste cose non serve il nome, anzi, magari rischierebbe di renderlo piatto. Secondo me è chiaro che mancano i grandi nomi, ma non significa che non sarà un bel Giro, anzi.

Lei è responsabile della comunicazione: com’è cambiato negli ultimi anni il Giro d’Italia da questo punto di vista?
Ci sono cose che sono cambiate, ovviamente. Il Giro, come sempre, è rimasto al passo con i tempi e con i cambiamenti, penso all’uso delle tecnologie e dei social, che fanno sentire i tifosi più vicini ai corridori. Le storie si possono raccontare meglio, si possono produrre e montare video meravigliosi. Altre cose, per fortuna, non sono cambiate: il Giro ha mantenuto la capacità di arrivare a casa della gente; alla presentazione c’erano moltissime persone, come non se ne vedeva, per forza di cose, da due anni. Il Giro mantiene la capacità di raccontare storie e di essere uno spettacolo viaggiante, è capace di emozionare e arrivare a più persone possibili.

Lorenzo D'Angelo

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