Ad ascoltare il "meteo" quotidiano, ci si stupisce. Talvolta si resta esterrefatti guardando in alto, come facevano i contadini, quando dovevano intraprendere le operazioni in campagna. Tempo per la semina, tempo per la mietitura, tempo per il raccolto e soprattutto, tempo per la manutenzione dei campi. Chi non si stupisce più di tanto è "ul Giusepèn" che rievoca un vecchio detto "dul paesan" (il contadino) che soleva commentare "bisogna guardò chèl cal fa chel là al voltu" (è necessario guardare ciò che decide Dio" senza irriverenza per il "chel là al voltu" che tuttavia ubbidisce al "non nominare il nome di Dio invano". Giuseppino, poi sentenzia con la lucidità di sempre: "ul fregiu e ul coltu i u mangian non i rati" (il freddo e il caldo non li mangiano i topi). Ed è tanta verità, specie questo inverno che si profila mite a oltranza, con qualche "digressione" passata quasi inosservata.
Dei "tri di dàa merla" non abbiamo scritto. L'abbiamo già fatto sul libro "Dialetto Bustocco da strada". Parlarne ora ci sembra superfluo. Facciamo solo un accenno. Da sempre (parlo per i tempi antichi) i cosiddetti "tre giorni della merla" palesavano i tre giorni "terribili" per il freddo "cocente" che qui specifichiamo nel "tormentoso, dolente, violento, tremendo" e certamente non nel "molto caldo" e il riferimento va a quanto è accaduto a New York a fine anno 2022 e inizio 2023.
Ne parliamo per dire qual è la diversità del "freddo" patito dalle generazioni di Giusepèn e dalla mia condito da nebbia "scighèa" che "t'e pudei taiò cunt'ul curtel" (potevi affettare la nebbia col coltello). Ed è in questi frangenti che ha piena validità il "fregiu e ul coldu" molto differenti dal "freddo e il caldo" di questa età modernissima che assiste a "spettacoli indecorosi" che anticamente si erano mai manifestati. D'accordo, talvolta c'era "ul maencu" (termine portato qui dai Liguri, da cui discendiamo) che metteva insieme fulmini e saette, vento, pioggia, ma non proponeva esondazioni di fiumi e laghi o uragani che altrove spazzano via perfino vetture di grossa cilindrata o addirittura i tir, causando pure inesorabili lutti.
Nessun commento su quel che succede all'estero, ma il contraltare di quanto avviene in America, si manifesta in Oceania (Australia) dove il caldo raggiunge i 45° mentre a Buffalo (New York si è arrivati al -47° - è il più da una parte e il meno dall'altra che preoccupa e della …. Siberia non parla più nessuno, quando si diceva anticamente che solo là poteva verificarsi uno stravolgimento di gradi che potevano arrivare ai -55° - invece la "cartina di tornasole" certifica il mutamento delle stagioni.
Restiamo col "freddo e caldo" che fa parte della nostra vita e della nostra latitudine di "zona temperata", considerando il fatto che nel '900 avevamo inverni miti, primavere "fresche", estati torridi "giugn e lui, a tera la bui" (giugno e luglio, la terra bolle) e autunni che passavano dal caldo graduale alla "preparazione" dell'inverno abbordabile nel suo freddo, salvo i "tre giorni della merla". Poi ci aggiungo il detto "Natòl al su, Carnevol a foegu" (Natale al sole e Carnevale al fuoco) per dire che, se a Natale brilla il sole, a Carnevale ci sarà freddo, ma di questo (dice Giusepèn) "a discuram un'oltra oelta" (ne parleremo un'altra volta). Eppoi, diciamolo … il freddo e il caldo non lo mangiano i topi, ma nemmeno …. bevono il Nocino. "chel lì l'e par nogn" (quello lì, il Nocino è per noi) ……."boia d'un om" (espressione cordiale per dire stupefacente uomo).