Ieri... oggi, è già domani | 27 gennaio 2023, 06:00

"ghe passò a Gioeubia" - è passata la Gioeubia

In giro ci sono i resti dei falò. Cenere dappertutto...

"ghe passò a Gioeubia" - è passata la Gioeubia

Passata la Gioeubia, col suo "dì scenen" (giorno della cenetta) a base (possibilmente) di "risotu e luganiga" (risotto con salsiccia), ma potrebbe essere "pulenta e cunili", "casoela o nerviti", "buseca cunt'i fasoru da Spagna o burloti" (trippa con fagioli da Spagna o borlotti), "brusciti" (bruscitti), si arriva al "after day" (il giorno dopo).

In giro ci sono i resti dei falò. Cenere dappertutto. Addosso agli "eroi" che intonavano  "a Gioeubia, a Gioeubia"  che sembrava un'invocazione, con quel che segue, si faceva l'inventario dei resti della bravata. Tutto bruciato, lo sguardo era rivolto alle ammaccature e ai maglioni bruciati per chi saltava tra le fiamme. Lavoravano pure i parrucchieri e le farmacie: i primi per i capelli "arsi", mentre le seconde, per gli unguenti contro le bruciature. A scuola si "tollerava" la presenza in ritardo. Si sa, ciascuno voleva mettere il naso nella Gioeubia degli altri e, dopo avere constatato le ceneri, si decretava la migliore Gioeubia del momento. Il verdetto era sacrosanto: ciascun Rione si faceva vincitore, mentre tutti gli altri erano da considerarsi al secondo posto. Non vi dico la puzza di bruciato che regnava nell'atmosfera, però …. che soddisfazione sapere che la "delegazione" degli altri eroi, aveva decretato la vittoria del nostro Rione.

L'inverno si era "bruciato", il freddo doveva giocoforza scomparire, il detto "Natòl al su, Carneval al foegu" (Natale col sole -bel tempo- e Carnevale al fuoco - freddo intenso) era da considerarsi un palliativo delle stagioni che sicuramente avrebbe fatto discutere nei giorni a seguire. La prospettiva diventava San Biagio (3 febbraio 2023), ma ne parleremo poi. Meglio dire che in questi giorni si celebra la "Madonna della Candelora" che nel Dialetto Bustocco da strada si dice "s'al fa bèl àa Madonna dàa candeloea, du inverno a sam foea, ma s'al pioei o al tia ventu, par quaranta dì sam dentu" (se fa bello alla Madonna della Candelora, dall'inverno ne siamo fuori; ma se piove o tira vento, per quaranta giorni ne siamo dentro). Avvertimento e minaccia del tempo.

Da registrare poi le "previsioni atmosferiche" di allora. Sancivano in modo "spietato" che "a fen da genoi, un'ua bona" (a fine gennaio si recupera un'ora abbondante di luce) e quell' "un'ua bona" voleva dire che avremmo avuto più di un'ora in più di luce.

Come sempre, ai "detti" popolari, si aggiungeva l'esperienza dei contadini che si affidavano a "Chel là al voltu" che confidenzialmente è il Buon Dio, da cui dipendevano: la semina, la manutenzione dei campi, la mietitura e il raccolto.  - ora qualche Lettore, potrebbe sorridere, ma noi …. noi … quelli come noi, di quei tempi lì, siamo nati e cresciuti dentro la Tradizione con la peculiarità di conoscere il Dialetto Bustocco da strada; imparato e diffuso solo a parole ed esperienza.

Gianluigi Marcora

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