Ieri... oggi, è già domani | 05 febbraio 2023, 06:00

"I galitti" - I solletici

Giusepèn, i "galitti" (solletici) li avverte sotto le ascelle e, durante gli abbracci soffre (o s'offre) per il contatto umano...

"I galitti" - I solletici

Succede per caso. In un abbraccio di cuore, salta fuori il commento di Giusepèn "t'e me fe i galitti" che nella traduzione fa "mi fai i solletici" - da non confondere coi "solleciti" che hanno ben altra spiegazione. Ad esempio, "premurosi" riservato a chi agisce senza indugio, con zelo e diligenza. Il "solerte" per intenderci al meglio. - Invece, il "solletico" è lo  sfregamento lieve sulla cute, che può avvenire in certe parti del corpo, senza una posizione fissa: chi lo avverte sotto le ascelle, chi sotto le piante del piede, chi addirittura sulla schiena, causando brividi a tutto spiano.

Giusepèn, i "galitti" (solletici) li avverte sotto le ascelle e, durante gli abbracci soffre (o s'offre) per il contatto umano. Certo che (così dice lui) il solletico lo si avverte in parte del corpo intime, ma al mero discorso intimo non ci sta: lui è persona moderna, ma sa come condurre il dialogo in maniera responsabile.

Con un "car Signui" (caro Signore rivolto alla Divinità) tronca il discorso sui "galitti" e va dritto a certi "schena fregia" (schiena fredda) che lui, operoso com'è, odia sino all'osso. A Buato Arsizio, chi ha la "schiena fredda" è uno sfaccendato o colui che rifugge ogni tipo di lavoro. Quelli, per intenderti "ca gan a canetta da vedar" (che hanno la canna di vetro invece della colonna vertebrale) e di "lavoro" nemmeno vogliono sentire parlare. Sono i cosiddetti "lavativi" che, in una città aperta al Lavoro, suonano a disdoro nei confronti di coloro che rispettano il Lavoro e ne fanno motivo di dignità, per una convivenza ed un progresso comuni alla stragrande maggioranza di Bustocchi e di Bustesi. Proprio da questa distinzione è nata la precisazione. Ed è giusto ribadirla qui: Bustocchi sono i nativi di Busto Arsizio con genitori e nonni nativi di Busto Arsizio, mentre i Bustesi sono gli "importati" o comunque coloro che hanno fra genitori e ascendenti, persone non nate a Busto Arsizio. - non "serie A e serie B", ma unicamente …. distinzione!

Detto ciò, Giusepèn ce l'ha coi parolai: coloro che "verdi buca, foea paol" (aprono bocca da cui fuoriescono parole) che non hanno una logica interpretativa; oppure ce l'hanno, ma non collima con il Lavoro che, a Busto Arsizio è sacro. A qualcuno dà fastidio sentirselo ripetere, ma Busto Arsizio ebbe un appellativo grandioso, riconosciuto nel mondo di Manchester d'Italia per via dei "cento camini" rappresentati dalle torri che dotavano le industrie locali, della loro forza energetica.

Non per nulla, Giusepèn ricorda il "principe mercante" che l'allora Presidente della Repubblica, Luigi Einaudi attribuì a Enrico dell'Acqua per l'impulso economico e lavorativo che dette sia a Busto Arsizio (e zona) sia all'industria Nazionale.

Orgoglioso, Giusepèn, chiama a sé la sua Maria che ascolta con interesse. "Te edi?" (vedi?) "Busti l'è Busti e nisogn ghe bon da essi teme Busti" (nessuno è in grado di imitare Busto Arsizio) e noto con dolcezza che …. i galitti, Giusepèn "i u fa, intantu cal grata ul co" (mentre si gratta la testa).

Intanto, Giusepèn, mi chiede di ringraziare "chela sciura bràa ca la ma fei eghi, ul Nocino" (quella signora gentile che mi ha fatto avere il Nocino) con tanto di "a buca l'à fa'n bel faciu" (la bocca gradisce). E conclude, Giusepèn con una massima: "sembrare e non essere è come filare e non tessere" e comprendo che la "massima" è indirizzata a qualche suo detrattore. Grande, Giuseppino!

Gialuigi Marcora

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