/ Busto Arsizio

Busto Arsizio | 07 febbraio 2023, 15:12

Le prigioniere bambine che sconfissero Birkenau: Tati e Andra Bucci a Busto Arsizio

Le sorelle emozionano gli studenti. «Non abbiamo paura che, scomparsi i pochi sopravvissuti ancora presenti, la memoria finisca. Non ci saremo noi, ma la storia non verrà cancellata. Ci penseranno i giovani»

Alessandra (Andra) e Tatiana Bucci ai Molini Marzoli, con la professoressa Longo, Liberto Losa ed Ernesto Speroni

Alessandra (Andra) e Tatiana Bucci ai Molini Marzoli, con la professoressa Longo, Liberto Losa ed Ernesto Speroni

Ai Molini Marzoli, Busto Arsizio, c’è un silenzio teso, partecipe. La sala Tramogge è colma di ragazze e ragazzi. Tanti studenti seguono on-line, dai loro istituti. Si tiene l’evento che chiude la Giornata della Memoria 2023. Occhi e orecchie sulle sorelle Tatiana e Andra Bucci. Prigioniere bambine, sopravvissute ad Auschwitz-Birkenau.

La storia, quella collettiva e quella dei singoli, passa da snodi, scelte, caso. Con loro non c’è il cugino.

"Chi vuole vedere la mamma?". Il passo avanti di Sergio

Ricorda Andra: «Nel campo di concentramento, una blockova (una sorvegliante, Ndr) si affezionò a noi, non sappiamo perché. Un giorno si raccomandò: alla domanda “Chi vuole vedere la mamma?non dovete reagire. Lo dicemmo anche a Sergio, nostro cugino. Ma quando arrivò il momento, lui non resistette, fece un passo avanti. Partì, con altri 19 bambini, su un treno. L’unico che sia uscito da Birkenau  con persone vive a bordo. Arrivarono in un altro campo, ad Amburgo, dove si svolgevano esperimenti sulla tubercolosi. Abbiamo saputo poco tempo fa che i bambini venivano tenuti nella stessa stanza in cui c’erano le cavie, gli animaletti. Gli alleati si avvicinarono alla città e, in una scuola, ai bambini, e ai prigionieri che avevano partecipato agli esperimenti, i tedeschi somministrarono morfina. Qualcuno morì per quello. Altri, intontiti, vennero  attaccati a ganci da macellaio. Uno dei partecipanti a quella azione disse: li abbiamo appesi come quadri. Oggi, lì, c’è un museo didattico. Nel cortile, rose bianche. Le foto dei bambini. Abbiamo un posto (riferimento a un rito ebraico per i defunti)  in cui deporre il nostro sassolino».

L’organizzazione dell’evento

Lutto, disperazione, speranza, memoria, pace sono le coordinate su cui si è mosso l’incontro con gli studenti del territorio organizzato dall’associazione Amici di Angioletto, in collaborazione con l’Amministrazione comunale (saluto dell’assessore Daniela Cerana, «…oggi ricorre il Safer Interner Day e abbiamo rinviato un evento a tema perché tenevamo troppo a questo. È importante la sicurezza in Internet ma dobbiamo essere innanzitutto sicuri che certi eventi orribili non si ripetano»), Anpi Busto Arsizio (il presidente, Liberto Losa, ha citato ampiamente Primo Levi, la sua testimonianza sul silenzio dei soldati russi, abituati agli orrori della guerra, davanti al macabro spettacolo di Auschwitz, oltre che l’invio ai più alti vertici delle foto scattate dagli alleati «…perché si rendevano conto di vedere l’inverosimile»). Ha partecipato all’organizzazione il Raggruppamento divisioni patrioti Alfredo di Dio, nell’ambito del tavolo “La storia ci appartiene”. Appello introduttivo della professoressa Anna Maria Longo. Letta una poesia dello storico Ernesto Speroni per le sorelle Bucci (immagini sfuggenti, evocative e atroci insieme: il bosco di betulle vicino al campo, ruderi per occultare l’orrore, voci come mani rivolte al cielo) la presidente degli Amici di Angioletto si  è rivolta ai ragazzi: «Fatevi coinvolgere, liberate la vostra mente, provate empatia. E non credete a coloro, ce ne sono, che negano. Perché questo è ciò che è stato». E che cosa è stato?

L’arrivo a Birkenau

Lo raccontano Tati e Andra, classi 1937 e 1939. Tatiana: «Eravamo figlie di un matrimonio misto, mamma era ucraina. Non mi sono mai sentita ucraina fino a quando non ho rivisto mamma nei profughi di oggi». Spero nella pace, aggiunge, riscuotendo un applauso convinto. «Vivevamo a Fiume. Nostro padre lavorava nella Marina mercantile, fu catturato in Sud Africa e visse il conflitto da prigioniero. La nostra famiglia fu presa nella primavera del ’44, probabilmente per una delazione. Rivediamo ancora la nonna inginocchiata davanti al capo della squadra per supplicare di lasciare almeno i bambini». Risiera di San Sabba, poi viaggio su un carro bestiame sovraffollato e Birkenau. «All’arrivo, la nonna e le zie furono divise da noi. Salirono su un camion e immediatamente gasate».

La vita nel lager

Tati e Andra vengono scambiate per gemelle e, forse per questo, risparmiate. Dopo riti tristemente noti, incluso quello del tatuaggio, finiscono nella “baracca dei bambini” e, all’inizio, ricevono visite della mamma. «Ci ricordava sempre il nostro nome. La nostra identità. Ma da un certo momento smise di venire a trovarci. La mamma è morta, la vita va avanti, pensavamo. Vicino alla nostra baracca ce n’era una più piccola, con la porta quasi sempre aperta. Era piena di scheletri, non li si poteva chiamare cadaveri. Giocavamo lì intorno. E la cosa non ci disturbava. Ci siamo immaginate lì, la mamma».

Il cambio dei colori

«A un certo punto i colori cambiarono. Ricordiamo la stella rossa sul berretto dei soldati». La liberazione del campo. Che prende forma, colore e sapore di un salame: «Lo tagliava un soldato russo. Ne offrì una fetta ad Andra». Inizia un lungo girovagare per istituti, in Cecoslovacchia e Inghilterra. Le bambine non lo sanno ma mamma e papà ce l’hanno fatta, le cercano. Le trovano. Il ricongiungimento con la madre avviene a Roma. «Ma non c’era solo lei ad accoglierci in stazione. C’era tutta la comunità ebraica. Le persone ci mostravano foto dei bambini rastrellati, ci chiedevano se li avessimo visti. Non ne riconoscevamo nessuno ma non potevamo dire solo “no”, non ce la sentivamo. Ci consultavamo in ceco, l’italiano lo avevamo dimenticato».

La vita, dopo

Il ritorno, non privo di scossoni, approda a Trieste, dove attende il padre. E un ricordo, un passaggio precedente: «Quando arrivammo in Inghilterra, nel Surrey, Anna Freud, figlia di Sigmund, per prima cosa ci portò in sala giochi. Non vedevamo un giocattolo da due anni. Abbiamo capito che, per i bambini, il gioco è vita». Parola di Alessandra e Tatiana. Di Tati e Andra. Volevano soffocare le loro vite sul nascere. Oggi sono mamme e nonne.Hanno conquistato il diritto di giocare.

Stefano Tosi

TI RICORDI COSA È SUCCESSO L’ANNO SCORSO A APRILE?
Ascolta il podcast con le notizie da non dimenticare

Ascolta "Un anno di notizie da non dimenticare" su Spreaker.

Google News Ricevi le nostre ultime notizie da Google News SEGUICI

Ti potrebbero interessare anche:

Prima Pagina|Archivio|Redazione|Invia un Comunicato Stampa|Pubblicità|Scrivi al Direttore