Ieri... oggi, è già domani | 04 marzo 2023, 06:00

"stracu men'vilan" - stanco come un contadino

Oggi gli ho sentito dire una frase nuova sul Lavoro: "sun stracu men'vilan" (sono stanco come un contadino).

"stracu men'vilan" - stanco come un contadino

A discutere di Lavoro, a Busto Arsizio, si "sfonda una porta aperta". Giusepèn -poi- si fa paladino di chi ama il Lavoro. Puoi scherzare su tutto, ma con Giusepèn non puoi, non devi, non osare parlare male del Lavoro. Per lui (ma pure per me, lo confesso) ogni discussione parte proprio da lì; il rispetto per il Lavoro e per ogni mestiere.

Oggi gli ho sentito dire una frase nuova sul Lavoro: "sun stracu men'vilan" (sono stanco come un contadino). Qui si valorizza il "villano" che non è unicamente l'abitante della campagna o un uomo di umili origini che ha raggiunto una posizione economica interessante, coi suoi modi rozzi e a volta incivili, ma tremendamente diretti e veri. Poi, Giusepèn va oltre: "diseàn che un vilan al ga non a educaziòn, a curtesia, ma l'e vea non" (dicono che il contadino non ha educazione, cortesia, ma non è vero). Si arrabbia un po', Giusepèn e ne ha ben donde. Il contadino, coi suoi modi "neti e scietti" (precisi e schietti) sa farsi volere bene e la ragione che Giusepèn accampa è dovuta proprio alle sue origini. Poi, "ul vilan" lo hanno definito un buzzurro, uno zotico, uno che è rozzo, incivile, privo di garbo, senza buona creanza, per poi sconfinare nel brutto, una specie di orco. Tanto che, per non lasciare "pei su'a lengua" (peli sulla lingua) hanno bollato per villania coloro che non avevano educazione. Mancare di rispetto a qualcuno, significava (e purtroppo lo è tuttora) essere un villano, ma ciò è errato. Ed è questo che a Giusepèn "rode" e, onestamente "rode" anche a me.

I fatti sono semplici: Giusepèn, prima di diventare operaio, era un contadino; un villano, ma mai s'è sentito dire che Giusepèn mancasse di cortesia e di buone maniere. Sia quando lavorava la campagna, sia poi che dopo il lavoro in fabbrica, accudiva il giardino e la campagna stessa. Consentitemi di dire che la stessa cosa è dedicata anche a mio padre e ciò mi causò alle Elementari un sonoro ceffone e due giorni di sospensione a Scuola. Ero "timidino" (timido) allora e la signorina Maestra, Vandoni Maria Pia, pose un quesito e sollecitò la classe a rispondere. Non ero fra quelli che alzavano la mano per far sapere che avevano studiato. Quella volta, però … di fronte al silenzio generale, alzai la mano. Un mio compagno di due file più in là, disse apertamente "taci tu che il tuo papà fa il contadino" in segno di scherno … come se a "sapere" erano solo i ricchi o chi veniva a scuola vestito bene. Feci un balzo incurante delle conseguenze e mi azzuffai col compagno. La Maestra ci espulse entrambi con nota sul quaderno. Mamma volle sapere la ragione, visto che avevo la blusa con uno strappo, qualche livido sulle nocche delle mani e qualche graffio sul viso. Non glielo dissi.

La mamma riferì al babbo il mio "stato" e lui si premurò a dire "duman cumpagnal a scoea" (domani accompagnalo a scuola) evidentemente per sentire cos'era accaduto. Mamma lo fece. A sera, il babbo mi si avvicinò e aspettavo la punizione. Disse solo: "grazie per avermi difeso, ma tu, le mani le tieni a casa tua. Non farlo più" e mi abbracciò. Si, piansi quella sera. Di nascosto, ma compresi che la violenza serve a nulla. Che il cervello deve contenere gli istinti, ragionare.

Giusepèn sa dell'accaduto. Sa pure che quando mi si parla di Contadini occorre avere la mente libera e il cervello sempre a contatto col cuore. Per me, il VILLANO è solo e unicamente il CONTADINO …. la persona schietta che conosce tante cose, specialmente essere una Persona Civile. Quel "stracu men'vilan" era dovuto (per Giusepèn), alle fatiche che aveva sopportato nel lavoro quotidiano. E quando sei stanco come un Contadino, vuol dire che hai onorato il Lavoro.

 

Gianluigi Marcora

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