Territorio - 14 marzo 2023, 14:50

Infermieri in fuga dall'ospedale: «Ogni giorno si licenzia qualcuno. Io voglio restare, ma così non so quanto potrò resistere»

Il Canton Ticino attira sempre più personale sanitario dal Varesotto. La testimonianza di un'operatrice del Circolo: «In tanti se ne vanno per avere stipendi più alti ma non solo per questo. Qui diventa sempre più difficile organizzare ferie e turni: la nostra non è vocazione, ma una professione e come tale va trattata. I pazienti? Per loro diamo sempre il massimo e continuano ad avere tutto quello che serve»

(foto d'archivio)

(foto d'archivio)

«Lavoro qui da 30 anni e in questo ospedale ci sono cresciuta. Sono sempre stata orgogliosa ma ora che vedo sempre più colleghe e colleghi andarsene diventa ogni giorno più dura». A testimoniare la situazione di forte difficoltà che ormai da mesi stanno vivendo molti ospedali della Lombardia, soprattutto nelle aree di confine con la Svizzera, è un'operatrice sanitaria che lavora al Circolo di Varese.

Infermiera specializzata, ha preferito rimanere anonima ma ha deciso di raccontare dall'interno un disagio che è sempre più evidente, fatto di difficoltà a organizzare turni e ferie. Chiariamolo subito: la carenza di personale non è imputabile direttamente ad Asst Sette Laghi o alle altre aziende sanitarie che stanno facendo i conti con questa situazione. Sono i professionisti della sanità - infermieri soprattutto, ma anche medici - che decidono percorsi di carriera più allettanti puntando verso il Canton Ticino e le cliniche private, attratti da stipendi a volte anche tre volte superiori a quelli che ricevono nella nostra regione. E il ricambio è sempre più difficile.

«Vivo un periodo di frustrazione personale e professionale perché in questo ospedale ci sono cresciuta - ci racconta - Spesso si dice che la nostra è una vocazione, ma non è così, è una professione. E come tale deve essere trattata, mettendoci in condizione di fare al meglio il nostro lavoro».

«Già prima del Covid - prosegue - c'erano segnali di tanti giovani che andavano a lavorare in Svizzera, per lo più per una questione economica. Andavano in Ticino perché la retribuzione era diversa e ben più alta, a volte tre volte più che in Italia. Adesso alla questione economica si è aggiunto un altro fattore: alcuni non si trovano più bene e questo è preoccupante».

Una situazione che la pandemia ha reso ancora più urgente: «Durante il Covid nessuno di noi si è tirato indietro, abbiamo dato il 120%, senza pensare agli straordinari pagati. Adesso non è più un'emergenza sanitaria, ma un'emorragia di personale che lascia, alcuni dopo trent'anni. E nessuno si chiede davvero il perché» racconta.

Il tutto mentre le aziende sanitarie fanno fatica a reperire personale: «So per certo che ai concorsi ormai si presentano in pochi, magari anche solo trenta persone alla volta - continua la testimonianza - Sembra, da voci di corridoio, che all'ospedale di Varese manchino 130 infermieri. In alcuni reparti la situazione organizzativa è al limite. Non so cosa potranno fare per far fronte alle carenze di personale: chiuderanno reparti? Faranno accorpamenti?».

Ma perché questa situazione? «Molti oltre alla Svizzera vanno nel privato, altri si licenziano perché decidono di guardarsi intorno dopo qualche mese di pausa, tanto sanno che al loro rientro un posto di lavoro lo troveranno. Anche dalle scuole infermieri escono ormai poche persone, molte delle quali subito intenzionate ad andare oltre confine» ci racconta. 

«Avverto tra i colleghi - continua - malcontento, stanchezza, demotivazione. La soluzione? Non è una questione esclusivamente economica, ma sicuramente servirebbe un aumento di stipendio, anche senza equiparare i salari a quelli di oltre confine. Se in busta ci fossero 500 euro al mese in più molti infermieri non andrebbero certo in Svizzera».

Nonostante le difficoltà, la professionista ci tiene a tranquillizzare i cittadini. «A fare le spese di questa situazione è il personale - ribadisce - Il paziente ha tutto quello che serve per la sua cura e spero che sia sempre così. Certo, la perdita di figure professionali è continua: a volte lasciano due infermieri al giorno...». 

«Perché denuncio questa situazione? - conclude l'infermiera del Circolo - Perché mi sta a cuore il mio ospedale e a volte mi sento abbandonata. Perché siamo tutti potenzialmente pazienti. E perché la sanità e di tutti e deve girare sempre al meglio. A volte ci chiediamo "come possiamo fare a uscirne? Perché non riusciamo a trovare una soluzione insieme a sindacati e azienda sanitaria?" E non troviamo risposta. Personalmente non vorrei mai lasciare questo ospedale, mi sentirei costretta a farlo. Spero di resistere». 

Bruno Melazzini - Andrea Confalonieri

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