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Economia | 24 marzo 2023, 07:00

Buoni pasto durante lo smartworking: sì o no?

L'emissione da parte delle aziende dei buoni pasto durante lo smart working è uno degli argomenti più caldi del momento

Buoni pasto durante lo smartworking: sì o no?

L'emissione da parte delle aziende dei buoni pasto durante lo smart working è uno degli argomenti più caldi del momento. Sempre più spesso si sente dire che coloro che lavorano da casa non ne hanno diritto. Su questa questione ci sono parecchi pareri discordanti. Da una parte abbiamo le aziende, le quali si sono dovute reinventare nel periodo pandemico oltre che in quello pre e post pandemia, dall'altra, invece, troviamo i lavoratori che in regime di smart working hanno dovuto anch'essi cimentarsi in modalità lavorative prima quasi sconosciute. Bisognerebbe tenere a mente, però, che il buono pasto deve rimanere una misura di welfare (insieme di politiche, programmi e servizi forniti dal governo o da enti privati, al fine di garantire il benessere economico e sociale dei cittadini) e non un premio.

Buoni pasto per i dipendenti: cosa dicono le normative

Al fine di comprendere come è stato regolato il lavoro da casa, è d'obbligo fare chiarezza. Per smart working, o lavoro agile, s'intende la possibilità di esercitare la propria professione senza alcun vincolo di sede lavorativa e orario. Alla luce di questo chiarimento, è facile capire come in realtà molte prestazioni lavorative vengano scambiate erroneamente dalle aziende (si spera in buona fede) o dai dipendenti in smart working, quando in realtà sono prestazioni lavorative in regime di home working o telelavoro.

Lo scorso 16 gennaio, con un comunicato, l'ARAN (Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni) ha sottolineato che per tutti quei rapporti dove sono previste prestazioni lavorative che impongono il rispetto di luoghi o orari prestabiliti, debbano essere elargiti ai dipendenti i buoni pasto smart working. Oltretutto, c'è da sottolineare che l'ARAN norma i rapporti tra PA (Pubbliche Amministrazioni) e dipendenti, e non tra aziende private e dipendenti. Rimane d'obbligo, quindi, nelle aziende private, che le eventuali misure di welfare adottate debbano comprendere la totalità dei lavoratori all'interno del proprio organico. È importante sottolineare che il datore di lavoro privato, ad oggi, potrebbe erogare i buoni pasto solo ad alcuni gruppi di dipendenti, purché essi siano appartenenti allo stesso gruppo produttivo.

Buoni pasto: l'obiettivo reale per la collettività

Sin dalla loro comparsa, il 1954 nel Regno Unito, i buoni pasto sono stati degli strumenti sociali. All'epoca vennero adottati da alcune aziende per garantire una forma di salario tangibile nel periodo del dopoguerra, dove era all'ordine del giorno il razionamento forzato delle scorte alimentari. Mettere a disposizione della popolazione benefit di questo tipo, sia ieri che oggi, garantisce:

●     parità di trattamento: offrire buoni pasto ai dipendenti in smart working assicura che tutti i lavoratori ricevano gli stessi benefici, indipendentemente dalla loro modalità di lavoro;

●     welfare aziendale: i buoni pasto possono essere considerati un benefit che dimostra l'attenzione dell'azienda nei confronti del benessere dei propri dipendenti;

●     supporto alle spese: i dipendenti che lavorano da casa potrebbero dover affrontare costi aggiuntivi rispetto a quelli che lavorano in ufficio.

Offrire buoni pasto ai dipendenti in smart working è un modo efficace per garantire parità di trattamento, il benessere e la soddisfazione dei lavoratori. Aiuta a sostenere le spese e rappresenta un benefit tangibile molto apprezzato dai dipendenti, oltre che un investimento vantaggioso per tutte quelle aziende che adottano il telelavoro.

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