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Economia | 30 marzo 2023, 23:00

Come si evoluta la percezione del CBD negli anni

Al giorno d’oggi il termine CBD (ovvero cannabidiolo) è particolarmente popolare di quanto non lo fosse anche soltanto dieci anni fa

Come si evoluta la percezione del CBD negli anni

Al giorno d’oggi il termine CBD (ovvero cannabidiolo) è particolarmente popolare di quanto non lo fosse anche soltanto dieci anni fa. Questa crescita di popolarità si deve a un rinnovamento del dibattito politico sul tema, dopo anni di proibizionismo sfrenato anche a fronte di ricerche scientifiche considerate valide.

Se a oggi è possibile consumare prodotti a base di CBD, siano essi da abbinare a un vaporizzatore o di prodotti edibili da integrare nei propri pasti, il merito lo si deve a un processo evolutivo fatto di leggi, studi e lavoro costante tanto da parte delle autorità europee quanto a quelle italiane.

La commercializzazione dei prodotti a base di CBD, infatti, ha una storia molto particolare se non proprio interessante sotto determinati punto di vista. Andiamo a scoprire insieme come la percezione pubblica relativa a questo principio attivo sia mutata nel corso del tempo.

Punto di partenza

In origine c’era la cannabis, una pianta utilizzata a scopo di sussistenza e tessile sin da tempi antichissimi. Durante il corso della storia umana la naturalissima voglia di sperimentare propria della nostra specie ha portato tanti a provare la cannabis attraverso nuovi metodi di fruizione, scoprendone il potere psicoattivo.

C’è voluta la scienza per cambiare le carte in tavola, dando finalmente diversi volti alle caratteristiche della pianta. La cannabis è un vegetale che contiene al suo interno un grande numero di sostanze e principi attivi e di questi sono due quelli che hanno raggiunto la notorietà.

Il primo è senza dubbio il cannabidiolo o CBD, una molecola presente in molteplici vegetali e esistente in notevoli concentrazioni all’interno della pianta di cannabis. Il secondo principio attivo ad aver raggiunto la notorietà, invece, è il delta-9-tetraidrocannabinolo anche noto con il nome di THC.

Queste due molecole appartengono alla stessa famiglia, quella dei cannabinoidi, ma hanno caratteristiche opposte: il CBD ha effetti analgesici, anti infiammatori, rilassanti, antipsicotici e molto altro ancora, non provoca dipendenza ed è atossico; il THC invece possiede degli chiari effetti psicoattivi.

Sono proprio gli effetti psicoattivi ad aver circondato THC e CBD all’interno di un alone di illegalità, almeno fino a qualche anno fa.

Come le leggi hanno cambiato le carte in tavola

In Italia le cose sono cominciate a cambiare durante il corso del 2016, con la promulgazione della legge n.242. Tale legge, infatti, dichiarava l’esistenza di un range di tollerabilità verso il principio attivo psicotropo della pianta della cannabis, attestando tale valore in un range compreso tra lo 0.2 e lo 0.6%.

Questa legge ha avuto un altro grande vantaggio, quello di rendere legale la coltivazione della pianta di canapa, elemento indispensabile per poter portare sugli scaffali dei negozi prodotti a base di CBD. Grazie a questa svolta legislativa la quantità di terra utilizzata per coltivare la pianta di canapa è aumentata di diverse volte, passando da 200 a 2000 ettari nel giro di soltanto un anno.

2020 con una sentenza della corte di giustizia dell’unione Europea. Tale sentenza ha stabilito una cosa molto semplice: il CBD non è una sostanza stupefacente e pertanto è possibile commerciarlo nella maniera che si preferisce. A essere stupefacente è invece il THC, principio attivo che da questo momento in poi è stato controllato in maniera molto più stringente per permettere la commercializzazione del CBD.

La situazione attuale

Nonostante la pandemia, il mercato del CBD all’interno del territorio italiano per il momento non ha conosciuto un secondo di stanchezza. Dal 2018 in poi, con la regolamentazione del mercato e le norme stringenti legate all’etichettatura dei prodotti, il panorama si è grandemente stabilizzato rendendo i produttori quanto più responsabili possibili nei confronti dei consumatori.

Questo, di fatto, ha permesso alla sostanza CBD di diventare uno dei nomi di punta del mondo mainstream dei prodotti vegetali. La situazione all’estero, in ogni caso, è decisamente diversa: basta dirigersi in America per scoprire un sacco di studi scientifici che delineano un futuro ancora più interessante per tale principio attivo.

Gli effetti analgesici e antidolorifici del CBD, ad esempio, sono soltanto la punta dell’iceberg di una pianta che promette di far faville in diversi campi: esistono analisi che riportano tale principio attivo avere proprietà terapeutiche antipsicotiche, oltre che essere un interessante esempio di prodotto in grado di aiutare atleti e dipendenti nel miglioramento delle loro prestazioni: uno strumento perfetto per perseguire il mens sana in corpore sano di latina memoria.

Il panorama che risulta dal guardare un simile spicchio di futuro è quindi molto interessante: è probabile che durante il corso dei prossimi anni, anche in Italia, sentiremo parlare di CBD ancora più spesso e anche all’interno di contesti dove è la medicina a farla da padrone.

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