Ieri... oggi, è già domani | 01 aprile 2023, 06:00

'na scapuscia - inciampare

Per un attimo, ho avuto terrore. C'è Giusepèn che sale le scale di casa, in compagnia di Maria e l'ho visto barcollare...

'na scapuscia - inciampare

Per un attimo, ho avuto terrore. C'è Giusepèn che sale le scale di casa, in compagnia di Maria e l'ho visto barcollare. Mi si è fermato un urlo in gola. Poi "u ciapò 'na scapuscia" dice lui (ho inciampato). E gli credo sulla parola. La "scapuscia" chissà da dove l'hanno tirata fuori i "leoni" della Lingua Bustocca da strada, si riferisce proprio all'inciampo; quello strano movimento che fa perdere l'equilibrio e  che potresti andare a sbattere … non so come e non so dove.

Se la ride, Giusepèn. Maria proprio no e ha gli occhi sbarrati. Lei sa che, se il babbo dovesse perdere l'equilibrio e naufragare a terra, le conseguenze potrebbero essere … tragiche: del tipo, rompere il femore. "Dopu, chi lu senti pu" (Dopo, chi lo ascolta?).

Tutto a posto quindi. Giusepèn non drammatizza e aggiunge "oh, u fèi naguta" e ci fissa coi suoi "occhietti furbi" che vorrebbero dire (è un'ipotesi) "fèla non trol dùa" che, nella traduzione, vuole dire "non fatela troppo dura", ma possiede il significato di "non drammatizzate".

In merito alla "scapuscia", ci sono espressioni colorate che un tempo servivano per inquadrare la situazione, ma pure consentivano a noi Bustocchi di essere un tantino fantasiosi, folcloristici, gente che non ci sta al "martirio".

Quando un oratore parlava troppo, gli si diceva "ciapà 'na scapuscia" (inciampa), così potrai convenire da solo che a essere logorroico piace a nessuno. Poi c'è che la "scapuscia" è sempre in agguato e, specie in casa, inciampare nei tappeti, può determinare qualche ulteriore conseguenza. Inutile elencarle. C'è la "scapuscia" per scivolamento e la "scapuscia" per un oggetto caduto che causa un impedimento. E c'è pure la "scapuscia" causale, quando qualcuno ti frana addosso e tu non lo puoi evitare. Quando poi hai le scarpe nuove, magari camminando su piastrelle bagnate, si prende una "scapuscia" improvvisa e le conseguenze  …. non sono banali.

Il termine "scapuscia" lo si utilizza anche allo stadio (quello di Busto Arsizio e quello di Genova), quando un giocatore sbaglia un passaggio o (peggio) quando fallisce un'occasione da rete. "Chèl lì, l'à ciapà 'na scapuscia" anche se, in realtà, l'atleta può avere subito un fallo o un contrasto di gioco.

Giusepèn, chiosa infine con una delle sue "trovate" che potrebbero essere moralistiche, ma sono pure vere: "se 'na bestia la ciapa 'na scapuscia e la burla giù, i disanpor bestiò" (se un animale, inciampa, dicono …. povera bestia) - "se inveci ga burla giu 'n cristian, s'à metàn tuci a ridi" (se invece cade una persona, si mettono tutti a ridere) …. così va il mondo caro Giusepèn. "Mei sta drizzi" (meglio stare eretti). Quindi "par finì in gloria" (per concludere bene il pezzo), Giusepèn se la ride , poi si spinge oltre al dialogo: "u ustu 'n paesan purtò a voca in stola l'à ciapò 'na scapuscia e la pestò 'l muson dentar 'na buascia" (ho visto un contadino portare la mucca in stalla e ha inciampato ed è finito dentro la "buascia", col muso). Buascia è la cacca della mucca... Nocino, prego: prosit!

Gianluigi Marcora

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