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Calcio | 29 dicembre 2022, 21:46

PELÉ. Quei 5 giorni memorabili a Busto: «La giacca rossa, lo stadio pieno e le magie di calcio e di umanità con i bambini»

Il campione scomparso oggi fu portato allo Speroni da Peppino Mancini nel '75. Ricorda il figlio dell'imprenditore, Adriano: «Venne qui grazie ai rapporti di mio padre con la Pepsi». Giannino Gallazzi: «Così sul campo prese per mano la mia bimba». Il ds della Pro Patria Turotti: «Per me il numero 1 in assoluto»

Pelé e la giacca rossa, con Peppino e Adriano Mancini e sotto anche con il giornalista Romussi. A lato il post di addio su Instagram

Pelé e la giacca rossa, con Peppino e Adriano Mancini e sotto anche con il giornalista Romussi. A lato il post di addio su Instagram

«Cinque giorni memorabili». Così definisce il tempo vissuto con Pelé a Busto Arsizio, Adriano Mancini. Fu suo padre Peppino, patron della Pro Patria, a portare qui il campione, la cui scomparsa oggi rappresenta un dolore condiviso da tutti coloro che amano il calcio. LEGGI QUI

«Sì, Pelé trascorse ben cinque giornate qui. Dormiva a Lisanza, nella villa messa a disposizione da un imprenditore sul lago Maggiore - ricorda Adriano Mancini  poi veniva allo Speroni. Quanta gente... penso 5mila persone. Faceva gli stage con i bambini ed era gentilissimo con loro. Una gran persona». 

Peppino Mancini riuscì a portare qui il campione brasiliano nel '75, grazie alle entrature con lo sponsor, la Pepsi. LEGGI QUI C'è anche un'immagine particolare che è rimasta impressa ad Adriano: «Pelé che scende dalla scalinata dell'hotel Astoria, con una giacca rossa sgargiante». Il particolare che attira l'occhio in un mito caratterizzato da grande semplicità, un'umanità che sconvolgeva.

Così vicino, lui inarrivabile, unico per diverse generazioni. Dice il direttore sportivo della Pro Patria Sandro Turotti: «L'ho visto giocare solo in tv e lo ricordo ai Mondiali del '70 con il famoso gol a noi in finale. Poi l'ho seguito sempre, per me il numero uno in assoluto. Forse perché ero un ragazzino e per me è sempre rimasto un mito».

I tifosi della Pro Patria, quell'anno ebbero invece la fortuna di poterlo vedere. Arrivarono in tantissimi, i papà con i loro bambini: tutti volevano ammirare Pelé. O almeno provarci, perché - ricorda Alberto Armiraglio - «io, che giocavo allora nella Castanese, arrivai allo Speroni e c'era già un sacco di gente... sugli spalti, vicino alla recinzione».

Non poteva mancare quella volta un tifoso come Giannino Gallazzi, la cui vita è indissolubilmente legata alla Pro Patria. «Un bel ricordo davvero - dice Giannino - siamo andati allo Speroni e poi sul campo lui ha preso per mano mia figlia Roberta».

Pelé, le magie allo Speroni, quelle del calcio e quelle dell'anima. La rovesciata spettacolare e la mano che stringe quella di una bambina. Ciascuno portò via un'immagine tutta per sé in quei giorni e non potrà mai scomparire. Come Pelé. 

 

 

Marilena Lualdi


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